Una struttura imponente e lunga quasi 600 metri, che si impossessa dello spazio con la sua forte presenza, ma che è alleggerita dai portici e dai voluti giochi di pieno/vuoto. Questo è il Treno della Barca, così chiamato proprio per la somiglianza a un treno dai tanti vagoni. E come un treno, curva dolcemente lungo la via. E per continuare con le similitudini, è brulicante di persone proprio come un treno.
Il Treno della Barca è una struttura dall’indiscutibile fascino decadente, la rappresentazione della Bologna operaia, che accoglieva e inglobava nuovi abitanti, soprattutto provenienti dal Sud Italia. Non a caso, il Comune di Bologna ha proposto il suo portico a diventare patrimonio Unesco; ma questa è un’altra storia.
Dove, come, perché
A seguito del piano regolatore per la città del 1955, poi divenuto esecutivo nel 1958, vennero progettate i primi gruppi di case popolari: i quartieri INA casa di Borgo Panigale (1951-55) e Delle Due Madonne, ed il quartiere CEP alla Barca. Per la gestione dei progetti a Borgo Panigale e alla Barca fu scelto uno degli architetti più famosi di Bologna, Giuseppe Vaccaro.
Successivamente, con l’entrata in vigore della legge nr. 167 del 18 aprile
1962, il Comune darà vita ad ulteriori quartieri periferici come: Fossolo I, Beverara, Corticella, Pilastro.
Un grande architetto in città
Giuseppe Vaccaro (1896-1970) fu uno straordinario professionista che iniziò, fin dagli esordi da giovane ingegnere, a progettare alcuni tra gli edifici più noti della città. Per esempio, ci piace ricordare che fu suo il progetto della nuova sede della facoltà di Ingegneria, portato a termine nel 1935. All’epoca il rettore era Alessandro Ghigi (il proprietario della celebre villa..); la nuova facoltà fu omaggiata anche di una visita ufficiale da parte di Benito Mussolini, ed in quella occasione furono scattate alcune fotografie che ritraggono il Duce complimentarsi con Vaccaro per la sua Opera.
Oppure, sempre di Vaccaro sono i progetti delle case della coop. Mutilati e invalidi di guerra (in via Tanari, via Vascelli, porta Sant’Isaia), la Casa del Fascio di Vergato, la Chiesa del cuore immacolato di Maria a Borgo Panigale.
Apprezzato anche al di fuori delle mura cittadine, negli stessi anni del quartiere CEP della Barca, Vaccaro coordinò il quartiere INA-Casa Ponte Mammolo a Roma. Come per l’edificio bolognese, l’attenzione era volta a sfruttare in maniera ottimale le risorse economiche a disposizione.
Cito qui l’articolo di Valerio Palmieri, anno 2002, “Progetti e costruzioni per la residenza”, all’interno del saggio “Giuseppe Vaccaro”, a cura di Marco Mulazzani, pag. 61, che descrive il Treno un “[…] lungo fabbricato con portico, vera e propria spina dorsale del quartiere, la cui leggera curvatura tenta di definire una spazialità urbana, indebolita dalla incompleta realizzazione degli edifici dei servizi […].
E ancora Palmieri, 2002, pag. 62 “Nell’edificio porticato a due piani tutti gli elementi che concorrono alla definizione d’insieme mantengono una loro autonomia: la struttura arretrata rispetto al piano di facciata fa galleggiare il corpo dell’edificio, bloccato in alto (ma apparentemente non toccato) dal forte aggetto della copertura, nel portico i volumi dei negozi e dei corpi scala sono separati da un’asola vetrata dall’intradosso del primo solaio.”
In merito allo stile di Vaccaro, Palmieri, 2002, pag. 62: “Evocazione della città storica, scarnificazione dei caratteri dell’edilizia tradizionale ed enfatizzazione dell’apparato strutturale, in funzione espressiva, sono le parole chiave alla quali Vaccaro si affida per declinare la propria idea di quartiere”.
Secondo Denise Scott Brown, nell’articolo “Imparare da Vaccaro”, nel volume Giuseppe Vaccaro, a cura di Marco Mulazzani, pag. 70:
“Vaccaro sembrava condividere la concezione di bellezza sostenuta fortemente dal pensiero “brutalista” definendola grosso modo come derivata dall’interno del problema. Infatti per i “brutalisti” la bellezza originata da un arduo problema può essere angosciosa e non ovvia, ma proprio per questa ragione può esser la più profonda. Quindi, seguire le direttive della funzione era un imperativo sia estetico sia morale; il suo risultato, una bellezza percepibile di secondo acchito.” (“Imparare da Vaccaro”, Denise Scott Brown, da Giuseppe Vaccaro, a cura di Marco Mulazzani, pag. 70).