Si dice: dove c’è acqua, c’è vita. E non solo: l’acqua dà cibo, energia, e lavoro. Il fiume Reno ha contribuito a dare lavoro a molti abitanti della zona, soprattutto grazie alla costante necessità di manodopera per il setacciamento, la rottura ed il trasporto dei sassi. L’utilità principale di queste pietre era quella di formare il ciottolato delle strade, ma venivano anche intervallati ai mattoni per le costruzioni di mura, torri ecc.
Vediamo qui alcuni dei lavori che si svolgevano tra la metà dell’800 ai primi del ‘900 nelle nostre zone.
In primis, tra gli antichi mestieri scomparsi relativi all’attività svolta sul greto del fiume, vi erano i vallatori. I vallatori scavavano la sabbia e, con dei setacci, dividevano la sabbia dalla ghiaia. Era loro compito inoltre dividere ulteriormente i sassi, facendoli passare manualmente attraverso setacci speciali di diverso spessore.
Un altro mestiere era quello dei maccabreccia. Essi erano manovali addetti a rompere i ciottoli che si trovavano sul greto del fiume, producendo la “breccia”: la breccia erano le pietre a spigolo vivo.
Ho trovato informazioni molto dettagliate sul lavoro dei maccabreccia: portavano occhiali protettivi fatti con una rete metallica, per proteggersi da corpi estranei e piccole schegge che potevano entrare negli occhi. Ugualmente, si fasciavano le dita con uno strato di tela, per evitare di essere punti. (Fonte: Capuano, M., Neri, A., Oltre i cancelli… al Reno, Istituto Comprensivo n.1, Bologna, 2010, p. 56-57)
A completamento di questa catena esisteva il mestiere del birocciaio, cioè colui che col suo “biroccio” o carretto, portava la ghiaia ai vari cantieri, su ordinazione. E’ interessante come alcuni di questi mestieri si ritrovino ancora nei nomi delle vie cittadine: via Beretta Rossa, per esempio, sembra che si riferisca all’abitudine dei birocciai di portare un cappello rosso, insieme ad una fascia di lana colorata in vita. Proprio in quella via doveva esserci uno dei depositi di ghiaia, pertanto vi si potevano incontrare tante.. berrette rosse. (Fonte: Capuano, M., Neri, A., Oltre i cancelli… al Reno, Istituto Comprensivo n.1, Bologna, 2010, p. 17)
Bisogna poi nominare altri mestieri legati a doppio filo a quello del birocciaio, ovvero quegli artigiani che si occupavano della cura del cavallo, come il sellaio ed il maniscalco, ed il costruttore di carretti, ovvero il carradore.
Infine, i sassi erano distribuiti sulla strada dai selcini, addetti alla lastricatura. A Bologna sono tanti i toponimi che rimandano all’attività dei selcini: per esempio via Pietralata e via Tagliapietre.
Questi antichi mestieri andarono poco a poco scomparendo a causa dello sviluppo tecnologico; si può datare il declino di questi mestieri attorno alla fine della seconda guerra mondiale. In questo periodo, innanzitutto molti cavalli dei birocciai furono rubati dai Tedeschi; in secondo luogo, i carretti vennero prima modificati, dotandosi delle prime ruote con pneumatici, e successivamente i birocci furono sostituiti da mezzi a motore: i birocciai si trasformarono in camionisti. La stessa fine toccò a maccabreccia e vallatori, che videro sostituito il loro lavoro manuale con quello di frantoi attivati meccanicamente. Molti, fin dalla prima metà del XX secolo, andarono a lavorare per la Cave Reno (azienda nata nel 1932).
Cosa facevano le donne, mentre gli uomini svolgevano questi lavori di fatica? Di certo non rimanevano con le mani in mano! Nel contesto dei mestieri associati al fiume, sicuramente possiamo ricordare che molte donne facevano le lavandaie, scendendo al fiume per lavare i panni.
Se siete curiosi di leggere maggiori informazioni sulla vita al quartiere Barca, vi rimando al link principale della pagina dedicata al Quartiere Barca di Bologna.